Il progetto Coordinate conta più di 60 “strappi” realizzati all’interno di abitazioni abbandonate, edificate tra la metà ‘800 e inizi ‘900. Il progetto, essere come noi tutti, è segnato dallo scorrere del tempo sulla sua pelle: non invecchia ma è invecchiato, non esperisce ma frammenta l’esperienza per renderla chiara, comprensibile, esplicabile. Le opere, superfici in silicone, strappano dalle pareti delle case, volta per volta, le varie stratificazioni di intonaci e pitture, testimonianze vivide del passaggio di ogni abitante: dai decori liberty d’epoca, alle pennellate noncuranti in tinta piatta lasciate dagli ultimi inquilini. Da tali superfici pittoriche emerge un racconto sempre diverso e assolutamente personale, evidenziando un originaria cura per l’ambiante domestico divenuta anonima solo negli ultimi strati, riconducibili all’era degli spostamenti veloci, dove la casa delle grandi metropoli diventa un modulo, architettura prefabbricata e removibile. Spazi sempre più identici, contenitori meno sicuri, sgravati dalla nostalgica abitudine del perpetuare. Senza stravolgerli, si ammette e si gioca criticamente con la precarietà insita nel frammento. Le opere, che riportano le coordinate d’appartenenza, ci ricordano come e da dove veniamo, senza la pretesa di imporsi a modello, senza l’arroganza di mostrare il giusto o lo sbagliato, ma con la consapevolezza di mostrare cosa era e cosa, ora, non è più.